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mercoledì 22 ottobre 2014
Il 22 ottobre 1962 il presidente statunitense John Kennedy annunciò con un discorso televisivo che, sorvolando Cuba, un U-2 aveva scoperto un dispiegamento di missili sovietici
Il 22 ottobre 1962 il presidente statunitense John Kennedy annunciò con un discorso televisivo che, sorvolando Cuba, un U-2 aveva scoperto un dispiegamento di missili sovietici
La crisi dei missili di Cuba fu uno dei
momenti più critici della Guerra Fredda. Il nuovo governo comunista
cubano di Fidel Castro che aveva promosso una campagna di
espropriazioni, era stato supportato dai sovietici per contrastare il
tentativo di invasione degli esuli cubani aiutati dalla CIA. Dopo il
fallimento dello sbarco nella Baia dei porci, gli USA avevano piazzato
dei missili Jupiter in Italia e in Turchia. L’URSS reagì con
l’installazione di missili a Cuba, la cui gettata avrebbe permesso di
colpire gli USA. Il 14 ottobre 1962 un U-2 americano sorvolando Cuba,
fotografò i missili, la cui esistenza fu resa nota dal presidente
Kennedy attraverso la televisione il 22 ottobre. Il Presidente annunciò
che il traffico navale per Cuba sarebbe stato bloccato dalla cosiddetta
quarantena, proprio per evitare che vi giungesse ulteriore materiale
bellico. Dopo l’intervento dellONU e di papa Giovanni XXIII, le intense
trattative tra USA e URSS terminarono con un accordo che scongiurò il
pericolo di un’apocalisse nucleare. Chruscev il 28 ottobre acconsentì
alla rimozione dei missili da Cuba e gli USA, entro sei mesi, avrebbero
rimosso le testate missilistiche in Italia e in Turchia.
martedì 21 ottobre 2014
lunedì 20 ottobre 2014
Summit anti-Ebola a Cuba, Raul Castro: "Siamo tutti minacciati" Presenti 12 Paesi dell'America latina e dei Caraibi
L'Avana, 20 ott. (TMNews) - L'epidemia di Ebola "ci minaccia tutti": lo ha detto il presidente cubano Raul Castro inaugurando all'Avana un "summit straordinario" di 12 Paesi dell'America latina e dei Caraibi incentrato sull'epidemia che per il momento sta risparmiando il continente. "Una terribile epidemia si propaga oggi fra i popoli fratelli dell'Africa e ci minaccia tutti", ha dichiarato Castro. "Se questa minaccia non sarà arginata in Africa occidentale potrebbe diventare una delle pandemie più gravi della storia dell'umanità", ha avvertito il presidente cubano davanti a 11 suoi pari del continente riuniti nella capitale cubana.
Cuba, Paese maggiormente presente sul campo con quasi più di 450 fra medici e infermieri dispiegati in Africa occidentale, ospita questo summit il cui obiettivo è quello di "armonizzare i protocolli per proteggere la popolazione e prevenire la diffusione della malattia nei Paesi della regione", secondo una nota del ministero degli Esteri cubano. Al vertice sono presenti i nove capi di Stato dell'Alternativa bolivariana per le Americhe (Alba), blocco creato nel 2005 da dei Paesi governati dalla sinistra. Oltre a Cuba, comprende Venezuela, Ecuador, Bolivia, Nicaragua e diversi piccoli Stati caraibici. Anche Haiti, Grenada e Saint-Kitts e Nevis sono stati invitati.
domenica 19 ottobre 2014
Ebola, all’ombra di una pandemia?
E’ di dominio pubblico in tutto il mondo la disseminazione dell’Ebola dai paesi africani, quelli che si affacciano sul golfo di Guinea, ai paesi degli altri quattro continenti.
Cercando di andare oltre le notizie sensazionalistiche dei media, che
presentano, come spesso succede, solo un aspetto degli eventi, cerchiamo
di capire cosa sia l’Ebola e quali siano le cause principali che ne
determinano una trasmissione cosi rapida e apparentemente inarrestabile.
L’Ebola è una malattia, causata da un virus EBV (Ebola Virus Disease), che si manifesta come una febbre emorragicamolto
grave e letale. Vi sono altre malattie virali che si presentano con
sintomatologia simile, di una febbre emorragica, come la Dengue e il
Marburg, altrettanto pericolose e letali. Ricordiamo l’epidemia di Marburg
nella Repubblica del Congo Democratico, che incontrollata invase paesi
confinanti tra cui l’Angola, dove una medica pediatra del CUAMM, Maria Bonino, morì nel 2005, prestando il proprio aiuto nel tentativo di bloccare la disseminazione della malattia; o l’epidemia di Dengue a Cuba che causò nel 2006 migliaia di morti.
Il virus dell’Ebola è trasmesso dagli animali
(primati, chirotteri, roditori) all’uomo, per poi essere trasmesso da
uomo a uomo, attraverso i fluidi corporei; per proteggersi dal contagio
con i pazienti è assolutamente necessario vestirsi con l’Equipaggiamento
di Protezione Personale (EPP), seguendo protocolli di sicurezza molto
complessi e sempre supervisionati da qualcuno che segua tutte le tappe
durante la vestizione; la malattia presenta un tasso di mortalità del
50%, e già in passato sono state registrate altre epidemie con tassi di
mortalità fra il 25% e il 90 %. Si può già percepire quale sia la sua
pericolosità e l’attenzione che meriti in termini sanitari.
Ma che cosa è cambiato fra questa epidemia e le precedenti? Perché
nelle precedenti epidemie non si sono mai registrati casi al di fuori
dell’Africa? Perché, soprattutto, ad oggi, questo virus ha raggiunto gli
USA, l’Europa e l’Australia? E’ forse diventato più aggressivo?
La prima epidemia di Ebola è stata registrata nella Repubblica Democratica del Congo nel 1976, con 318 casi e 280 morti (Tasso di mortalità 88%),
in un’area remota e lontana da centri densamente abitati,
caratteristica comuni a tutti i successivi episodi epidemici che si sono
registrati da allora, ben 24 epidemie.
E’ proprio questo che è cambiato. La presente epidemiaha invaso non solo le aree rurali ma anche le capitali africane di Guinea e Liberia, per poi disseminarsi in Sierra Leone e Nigeria.
Ed è proprio questo il punto chiave di lettura per capire come sia
potuto avvenire un cosi rapido contagio e disseminazione della malattia.
Infatti, l’Ebola, pur essendo una malattia letale, è relativamente
semplice da contenere e controllare, come ha dichiarato anche il Governo
Americano, in risposta alla comune e crescente preoccupazione presente
nel paese.
Solamente grazie alla più attenta osservazione di protocolli di sicurezza e di
pratiche mediche controllate, come trattamento repentino dei casi,
sorveglianza, servizi diagnostici di laboratorio capaci ed organizzati,
trattamento idoneo dei decessi, mobilitazione comunitaria,
si può evitare infatti la disseminazione del virus tra esseri umani.
Tuttavia una tale organizzazione capillare non è spesso quella che si
incontra nei paesi africani, dove al di là di limiti strutturali degli
ospedali e dei servizi sanitari in genere, esistono anche barriere culturali, spesso forti, quando si tratta di dover seppellire i propri cari.
Da qui la rapida ed incontrollata, a tuttora, disseminazione del virus
in questi paesi, dove l’improvviso ingresso del virus in centri cosi
altamente e densamente popolati e impreparati dal punto di vista
sanitario, ha causato una trasmissione rapida con un cosi alto numero di
casi, che infelicemente è destinato a crescere.
Un altro importante fattore di questa equazione è stata la tardiva
risposta da parte della comunità internazionale, che ha impiegato troppo
tempo nel riconoscere le vere dimensione di una tale minaccia. Al
momento le uniche nazioni impegnate attivamente in Africa sono gli Stati Uniti d’America e il Regno Unito,
che attraverso l’invio di truppe e personale medico e paramedico, sta
organizzando un sistema di contenimento. Tuttavia l’Unione Europea al
momento non si è ancora unita a tale azione di supporto internazionale.
Ora la domanda cui tutti vorrebbero avere una risposta è il reale
rischio per noi di contrarre la malattia. Tutti i casi registrati sinora
in Europa ed negli Stati Uniti sono stati di persone che per motivi di
lavoro o volontariato internazionale provenivano da quei paesi o già con
una diagnosi di Ebola confermata o con la malattia in fase di incubazione.
In alcuni casi inoltre non sono state osservate le dovute misure di sicurezza negli aeroporti, permettendo l’ingresso del virus.
La successiva catena di contagi è avvenuta per la diagnosi tardiva o
per mancato rispetto dei protocolli di sicurezza. La reale possibilità
di un contagio così disseminato, da interessarci personalmente è al
momento molto remota.
L’Ebola, infatti, è una minaccia globale nella misura in cui si
permette che lo sia. Le parole chiave per porre un arresto alla
trasmissione del virus sono infatti il coinvolgimento delle
Organizzazione Internazionali, per aiutare i paesi africani a
diagnosticare rapidamente i casi, diminuendo il tempo fra infezione e
trasmissione; a organizzare e cambiare rapidamente le comuni pratiche
ospedaliere; a supportare e aumentare il potere diagnostico dei
laboratori; a cambiare usi e costumi nelle popolazioni attraverso la
sensibilizzazione comunitaria.
Tali interventi preventivi possono porre fine alla catena di trasmissione in Africa.
Medici senza Frontiere aveva segnalato a marzo di
quest’anno il pericolo della presente epidemia, ma purtroppo nessuno ha
prestato ascolto; si pensi solo che l’OMS,
Organizzazione Mondiale della Sanità, solo l’8 Agosto 2014 ha dichiarato
la presenta epidemia un’Emergenza Sanitaria Pubblica di importanza
globale.
Il contagio avviene molto rapidamente, tanto che i tassi di contagio aumentano ciclicamente in modo esponenziale, a tal punto che il CDC,
Center for Disease Control, di Atlanta ha fatto una previsione di 1,2
milioni di casi per gennaio 2015. Per vincere l’Ebola è assolutamente necessaria la cooperazione nell’aiutare i paesi africani a fare fronte a questa malattia che in quei luoghi può veramente causare un enorme numero di morti.
Ivan Alejandro Pulido Tarquino - Specialista in Malattie Tropicali
sabato 18 ottobre 2014
Ebola avvicina nemici, Castro loda collaborazione medici Cuba-Usa
(AGI) - L'Avana, 18 ott. - La battaglia all'ebola ha almeno un merito, aver avvicinato gli arcinemici governi di Cuba e Usa.
L'ex presidente cubano Fidel Castro, che ha elogiato "l'esempio di solidarieta'" dei medici dell'isola inviati in Africa per combattere l'epidemia, ha anche lodato la collaborazione con gli Usa: "Con piacere cooperiamo con il personale statunitense in questo obiettivo", ha scritto il 'lider maximo' in un articolo intitolato "L'ora del dovere". A conferma che l'epidemia di ebola sta provocando effetti imprevisti in politica estera, venerdi' anche il segretario di Stato usa, John Kerry aveva elogiato il personale sanitario cubano inviato a combattere il virus. Ai primi di ottobre, Cuba ha inviato un gruppo di 165 operatori sanitari in Sierra Leone per contribuire alla lotta e ne inviera' prossimamente altri 296 negli altri due Paesi africani contagiati, la Liberia e la Guinea Conakry.
Fidel Castro, che ha 88 anni e si e' ritirato dal potere nel 2006, ha sottolineato la "rapida" risposta di Cuba alla richiesta delle Nazioni Unite di "lottare contro la brutale epidemia scoppia in Africa occidentale". "Il personale medico che va in qualunque luogo pur di salvare vite, anche a rischio di perdere la propria, e' il miglior esempio di solidarieta' che puo' offrire l'essere umano, soprattutto quando tutto questo non e' mosso da interesse materiale alcuno" (AGI
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