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martedì 3 giugno 2014


- 3 giugno 2014 - 10:00

Quale futuro per l’America Latina?

Le strategie economiche e relazionali dei Paesi del Sud America sono in continuo divenire. Una cosa però è certa: questo non è più il cortile di casa degli Stati Uniti. L’intervista all’esperto Adrian Bonilla



 
 
BRASILE ECONOMIADalla fine delle dittature negli anni Novanta i Paesi latinoamericani hanno elaborato diversi modelli di sviluppo che hanno generato una profonda disuguaglianza tra gli Stati della regione e anche all’interno di ognuno di essi. Con Adrian Bonilla, segretario generale di Flacso – organismo internazionale il cui compito è la ricerca sociale nei Paesi del Sud America e dei Caraibi – abbiamo analizzato il presente e il futuro di quest’area.

 

Qual è il ruolo dell’America Latina nel contesto internazionale attuale?
Ha un ruolo importante ma non è una regione determinante né sul piano militare, né economico, né strategico-politico. Occorre considerare che la somma di tutti i PIL dei Paesi latinoamericani risulta inferiore al 10% del PIL mondiale. Inoltre si tratta di una zona lontana da tutti gli scenari strategici che potrebbero determinare l’assetto dell’ordine mondiale.

A livello commerciale però ha attirato l’interesse delle grandi potenze mondiali, in particolare della Cina
Negli ultimi vent’anni c’è stato un incremento degli investimenti cinesi in America Latina. La Cina è il secondo socio commerciale di quasi tutti i Paesi del mondo e il primo per molti di loro. L’influenza economica cinese per l’America Latina è importante ed è in grado da sola di spiegare il benessere latinoamericano dei primi dieci anni del Duemila. Va considerato però anche il rovescio della medaglia. Il dinamismo del mercato cinese ha infatti colpito le industrie di molti Paesi. Senza dimenticare che una grande quantità di minerali, materie prime e alimenti provenienti dall’America Latina finiscono in Cina. Nel caso specifico di Paesi come il Brasile, ci sono diversi punti d’incontro con la Cina, specie nell’ambito dei BRICS, ma non esiste, almeno a livello formale, un progetto politico comune.

Qual è dunque il peso reale della Cina in America Latina?
La strategia cinese in America Latina si basa sulla non interferenza dell’influenza politica esercitata dagli Stati Uniti. Pechino si limita allo scambio commerciale. Ma penso che arriverà il momento in cui la sua presenza economica finirà per diventare anche presenza politica.

Qual è invece il ruolo del Brasile?
Contrariamente a quello che sembra, il Brasile ha un’influenza limitata, non solo nella scena internazionale ma anche in quella latinoamericana. Il Brasile non ha la capacità economica né politica per generare iniziative da cui possano dipendere le altre nazioni. Qualsiasi sua iniziativa ha bisogno del consenso unanime degli altri Paesi nei diversi consigli regionali di cui il Brasile fa parte. Ad esempio, la Guyana o il Suriname, due economie piccole, possono imporre il veto a una risoluzione emessa dall’UNASUR (Unione delle Nazioni Sudamericane) proposta dal Brasile o da qualsiasi altro Stato membro. Il Brasile non è neanche il socio commerciale più importante dei Paesi latinoamericani e dunque non ha una posizione egemonica nella regione. Nessun paese, neanche il Messico, gode di questa posizione.

Che momento sta attraversando Cuba?
Le diverse sanzioni a carico del governo cubano sono state ritirate e qualora intendesse chiedere di essere riammessa all’Organizzazione degli Stati Americani potrebbe farlo. Comunque, lo scenario resta abbastanza complesso poiché l’embargo commerciale, tutt’ora in vigore, si basa su diverse leggi degli Stati Uniti che per essere modificate avrebbero bisogno dell’approvazione di entrambe le Camere del Congresso, e difficilmente questo accadrà nel breve termine. Il governo statunitense utilizza Cuba per corteggiare i latini conservatori residenti negli States. Per questo motivo tiene in piedi alcune sanzioni ridicole che potrebbe togliere senza nemmeno dover ricorrere al parere del Congresso. Un esempio è l’inserimento di Cuba nella black list dei Paesi sostenitori del terrorismo.

Che relazioni intrattiene il governo cubano con gli altri Paesi latinoamericani?
Per tutto questo tempo l’America Latina, tranne qualche eccezione, ha ripudiato l’embargo imposto dagli Stati Uniti a Cuba. Allo stesso tempo, sulla base di una politica di non intervento e di autodeterminazione, non c’è stata una politica collettiva che abbia insistito sul cambiamento del regime cubano. Ai latinoamericani non importa il tipo di governo che c’è a Cuba, bensì interessa che l’isola possa godere di un’economia libera dalle restrizioni degli USA.

Le sorti di Cuba e del Venezuela sono legate in qualche modo?
Cuba riceve aiuti dal Venezuela ma il futuro cubano non dipende dal petrolio venezuelano. Ricordiamo che Cuba è rimasta stabile persino dopo la scomparsa dell’URSS.

L’America Latina ha registrato negli ultimi anni lo sviluppo di diversi modelli economici, quali sono i principali?
Ce ne sono diversi. Per semplificare possiamo dire che la metà del PIL si muove in economie aperte, l’altra metà in economie protette.

Quale di questi due modelli ha vinto sinora?
La crescita economica è stata simile. Paesi più “protezionisti” come Brasile, Argentina, Uruguay, Ecuador e Bolivia hanno avviato politiche sociali di successo (nella lotta alla povertà, per il miglioramento della sanità e dell’istruzione) e allo stesso tempo hanno raggiunto una crescita economica importante, mentre Paesi come Costa Rica e Repubblica Dominicana, basati su un modello liberale, hanno avuto risultati simili.

Su quale base poggia allora il nuovo regionalismo latinoamericano?
Il nuovo regionalismo si basa su logiche politiche e non necessariamente ideologiche. Nella CELAC (Comunità di Stati Latinoamericani e dei Caraibi) confluiscono Paesi con economie liberali ed economie protette, governi di centro-destra con governi di centro-sinistra, e nell’UNASUR accade lo stesso. A causa dei diversi modelli di sviluppo è però risultato difficile stabilire accordi di integrazione commerciale, motivo per cui si è puntato su associazioni di carattere politico e non economico.
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