Ebola, all’ombra di una pandemia?
E’ di dominio pubblico in tutto il mondo la disseminazione dell’Ebola dai paesi africani, quelli che si affacciano sul golfo di Guinea, ai paesi degli altri quattro continenti.
Cercando di andare oltre le notizie sensazionalistiche dei media, che
presentano, come spesso succede, solo un aspetto degli eventi, cerchiamo
di capire cosa sia l’Ebola e quali siano le cause principali che ne
determinano una trasmissione cosi rapida e apparentemente inarrestabile.
L’Ebola è una malattia, causata da un virus EBV (Ebola Virus Disease), che si manifesta come una febbre emorragicamolto
grave e letale. Vi sono altre malattie virali che si presentano con
sintomatologia simile, di una febbre emorragica, come la Dengue e il
Marburg, altrettanto pericolose e letali. Ricordiamo l’epidemia di Marburg
nella Repubblica del Congo Democratico, che incontrollata invase paesi
confinanti tra cui l’Angola, dove una medica pediatra del CUAMM, Maria Bonino, morì nel 2005, prestando il proprio aiuto nel tentativo di bloccare la disseminazione della malattia; o l’epidemia di Dengue a Cuba che causò nel 2006 migliaia di morti.
Il virus dell’Ebola è trasmesso dagli animali
(primati, chirotteri, roditori) all’uomo, per poi essere trasmesso da
uomo a uomo, attraverso i fluidi corporei; per proteggersi dal contagio
con i pazienti è assolutamente necessario vestirsi con l’Equipaggiamento
di Protezione Personale (EPP), seguendo protocolli di sicurezza molto
complessi e sempre supervisionati da qualcuno che segua tutte le tappe
durante la vestizione; la malattia presenta un tasso di mortalità del
50%, e già in passato sono state registrate altre epidemie con tassi di
mortalità fra il 25% e il 90 %. Si può già percepire quale sia la sua
pericolosità e l’attenzione che meriti in termini sanitari.
Ma che cosa è cambiato fra questa epidemia e le precedenti? Perché
nelle precedenti epidemie non si sono mai registrati casi al di fuori
dell’Africa? Perché, soprattutto, ad oggi, questo virus ha raggiunto gli
USA, l’Europa e l’Australia? E’ forse diventato più aggressivo?
La prima epidemia di Ebola è stata registrata nella Repubblica Democratica del Congo nel 1976, con 318 casi e 280 morti (Tasso di mortalità 88%),
in un’area remota e lontana da centri densamente abitati,
caratteristica comuni a tutti i successivi episodi epidemici che si sono
registrati da allora, ben 24 epidemie.
E’ proprio questo che è cambiato. La presente epidemiaha invaso non solo le aree rurali ma anche le capitali africane di Guinea e Liberia, per poi disseminarsi in Sierra Leone e Nigeria.
Ed è proprio questo il punto chiave di lettura per capire come sia
potuto avvenire un cosi rapido contagio e disseminazione della malattia.
Infatti, l’Ebola, pur essendo una malattia letale, è relativamente
semplice da contenere e controllare, come ha dichiarato anche il Governo
Americano, in risposta alla comune e crescente preoccupazione presente
nel paese.
Solamente grazie alla più attenta osservazione di protocolli di sicurezza e di
pratiche mediche controllate, come trattamento repentino dei casi,
sorveglianza, servizi diagnostici di laboratorio capaci ed organizzati,
trattamento idoneo dei decessi, mobilitazione comunitaria,
si può evitare infatti la disseminazione del virus tra esseri umani.
Tuttavia una tale organizzazione capillare non è spesso quella che si
incontra nei paesi africani, dove al di là di limiti strutturali degli
ospedali e dei servizi sanitari in genere, esistono anche barriere culturali, spesso forti, quando si tratta di dover seppellire i propri cari.
Da qui la rapida ed incontrollata, a tuttora, disseminazione del virus
in questi paesi, dove l’improvviso ingresso del virus in centri cosi
altamente e densamente popolati e impreparati dal punto di vista
sanitario, ha causato una trasmissione rapida con un cosi alto numero di
casi, che infelicemente è destinato a crescere.
Un altro importante fattore di questa equazione è stata la tardiva
risposta da parte della comunità internazionale, che ha impiegato troppo
tempo nel riconoscere le vere dimensione di una tale minaccia. Al
momento le uniche nazioni impegnate attivamente in Africa sono gli Stati Uniti d’America e il Regno Unito,
che attraverso l’invio di truppe e personale medico e paramedico, sta
organizzando un sistema di contenimento. Tuttavia l’Unione Europea al
momento non si è ancora unita a tale azione di supporto internazionale.
Ora la domanda cui tutti vorrebbero avere una risposta è il reale
rischio per noi di contrarre la malattia. Tutti i casi registrati sinora
in Europa ed negli Stati Uniti sono stati di persone che per motivi di
lavoro o volontariato internazionale provenivano da quei paesi o già con
una diagnosi di Ebola confermata o con la malattia in fase di incubazione.
In alcuni casi inoltre non sono state osservate le dovute misure di sicurezza negli aeroporti, permettendo l’ingresso del virus.
La successiva catena di contagi è avvenuta per la diagnosi tardiva o
per mancato rispetto dei protocolli di sicurezza. La reale possibilità
di un contagio così disseminato, da interessarci personalmente è al
momento molto remota.
L’Ebola, infatti, è una minaccia globale nella misura in cui si
permette che lo sia. Le parole chiave per porre un arresto alla
trasmissione del virus sono infatti il coinvolgimento delle
Organizzazione Internazionali, per aiutare i paesi africani a
diagnosticare rapidamente i casi, diminuendo il tempo fra infezione e
trasmissione; a organizzare e cambiare rapidamente le comuni pratiche
ospedaliere; a supportare e aumentare il potere diagnostico dei
laboratori; a cambiare usi e costumi nelle popolazioni attraverso la
sensibilizzazione comunitaria.
Tali interventi preventivi possono porre fine alla catena di trasmissione in Africa.
Medici senza Frontiere aveva segnalato a marzo di
quest’anno il pericolo della presente epidemia, ma purtroppo nessuno ha
prestato ascolto; si pensi solo che l’OMS,
Organizzazione Mondiale della Sanità, solo l’8 Agosto 2014 ha dichiarato
la presenta epidemia un’Emergenza Sanitaria Pubblica di importanza
globale.
Il contagio avviene molto rapidamente, tanto che i tassi di contagio aumentano ciclicamente in modo esponenziale, a tal punto che il CDC,
Center for Disease Control, di Atlanta ha fatto una previsione di 1,2
milioni di casi per gennaio 2015. Per vincere l’Ebola è assolutamente necessaria la cooperazione nell’aiutare i paesi africani a fare fronte a questa malattia che in quei luoghi può veramente causare un enorme numero di morti.
Ivan Alejandro Pulido Tarquino - Specialista in Malattie Tropicali